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DIETRO la BARRIERA

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SOTTO LA STESSA TENDA

Nel rito del matrimonio nuovo è prevista la possibilità di un gesto che per noi è estremamente significativo: la velazione, l'imposizione del velo sugli sposi.

E’ un gesto antico che era andato un po’ perduto ma che è rimasto nella lingua italiana, almeno quella giuridica perché i “promessi sposi” sono chiamati “nubendi”.
Nella tradizione latina il matrimonio si celebrava imponendo alla sposa il flammeum, un velo giallo arancione… si diceva nubere, coprire come una nube. 
La chiesa dei primi secoli scelse questo gesto come espressione delle nozze mutando in bianco il colore del velo, gesto che è andato in disuso, pur permanendo in alcune regioni, a favore dello scambio degli anelli.
Insieme, i genitori o i testimoni, tengono disteso un velo bianco sul capo di entrambi gli sposi per tutta la durata della preghiera di benedizione, come segno della comunione di vita che lo Spirito, avvolgendoli con la sua ombra, dona loro di vivere.
L’idea che l’ombra rappresenti la presenza e la benedizione di Dio la ritroviamo in tutta la Bibbia: il Popolo d’Israele andando verso la terra promessa era guidato da una nuvola; quando Salomone inaugurò il tempio a Gerusalemme questo si riempì di una nuvola; anche i discepoli di Gesù furono avvolti da una nuvola quando contemplavano Gesù trasfigurato.

In quel velo è dunque rappresenta la “tenda” nuova della nuova famiglia: “per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua sposa”, dice la Scrittura.
Anche se tradizionalmente è la moglie che lascia la propria famiglia e si trasferisce sotto la tenda della famiglia del marito, almeno per il lavoro e la vita quotidiana, bisogna affermare con decisione la saggezza della Parola di Dio: sposarsi è comunque un “lasciare” (che non vuol dire né abbandonare, né dimenticare) la famiglia che ti ha cresciuto e costruirne una totalmente nuova sotto una tenda nuova.

In Cammino 2008-4